Giulio Ruffini

L’angelo contro il mostro , tempera su carta 50×70 cm

Parigi ’55

La capitale francese nel 1955 è ancora uno dei luoghi più amati dagli artisti e intellettuali di diverse parti del mondo che lì accorrono per cercare fama, trovare nuove ispirazioni o semplicemente per respirarne l’atmosfera. Giulio Ruffini (1921- 2011) in quell’estate soggiornò nella “Ville lumiere”, luogo che frequenterà poi spesso negli anni a venire grazie all’amicizia con Mattia Moreni, che vi si trasferì proprio in quegli anni. A testimonianza di quel viaggio vi è una serie di disegni a matita, che ritraggono vicoli e piazze, da Montmartre alla Senna. Ruffini si concentra sulle linee delle architetture e dei lampioni, tralasciando, se non per pochi passanti, la presenza umana. Il risultato è una città vuota, dall’atmosfera rarefatta; il punto di vista ribassato sembra un invito a chi guarda di addentrarsi in quelle
vie.

The French capital in 1955 is still one of the most loved places by artists and intellectuals from different parts of the world who flock there to seek fame, find new inspiration or simply to breath in the atmosphere. Giulio Ruffini (1921 – 2011) stayed in the “Ville lumiere” that summer, a place he would frequent often in the years to come thanks to his friendship with Mattia Moreni, who moved there in those years. As evidence of that journey there is a series of pencil drawings , which portrayes alleys and squares , from Montmartre to the Seine. Ruffini focuses on the lines of the architectures and street lamps, leaving aside, except for a few passers-by the human presence. The result is an empty city , with a rarefied atmosphere ; the lowered point of view seem to invite the viewer to delve into those streets.

Ritratti di donne

Con la profonda sensibilità che lo ha sempre contraddistinto nel suo lavoro Giulio Ruffini ha anche saputo raccontare le donne, nell’evolversi del tempo e della società.

Dalle donne forti e lavoratrici della sua Romagna a figure femminili colte in momenti più intimi e privati: eleganti e truccate, pronte per una serata o rilassate ed assorte nei propri pensieri.

In questa selezione troviamo opere dagli anni sessanta in avanti, dal sapore realista a quello più prettamente onirico e metafisico.

La pennellata è densa e corposa, macchie di colore animano lo sfondo facendo risaltare la figura in primo piano, rendendola ancora più viva.

With the profound sensitivity that has always distinguished him in his work, Giulio Ruffini has also been able to tell women, in the evolution of time and society. From the strong and hard-working women of his native Romagna to female figures captured in more intimate and private moments: elegant and made up, ready for an evening out or relaxed and absorbed in their own thoughts. In this selection we find works from the sixties onward, from a realist flavor to a more purely dreamlike and metaphysical one. The brushstroke is dense and full-bodied , spots of color animate the background by bringing out the figure in the foreground, making it even more alive.

Incidenti stradali

Nell’ambito della mostra “Venti” della memoria, tenutasi a Forlì (Vernice Art Fair), Ruffini è stato uno dei venti artisti romagnoli presenti, con un dipinto della serie “Incidenti stradali” del 1964.
E’ proprio dalla metà degli sessanta che l’artista romagnolo inizia questo nuovo ciclo pittorico avvicinandosi per tematiche e linguaggio alla Pop Art.
Erano gli anni del boom economico e dell’industrializzazione di massa. Il paesaggio metropolitano cambiava volto, e le strade si riempivano di cartelli , segnaletiche e automobili.
Il paesaggio e la vita contadina venivano stravolti e via via abbandonati per abbracciare il “progresso”.
Ruffini ritraendo, in grandi dimensioni, lamiere accartocciate e corpi feriti lanciava un monito contro questa dissennata corsa verso il futuro. Dove in nome della modernizzazione l’uomo si avviava nei meandri di un mondo frenetico, dove vigevano gli imperativi del consumismo e dell’omologazione.
Dal punto di vista del linguaggio artistico in queste opere Ruffini utilizza colori accesi e campiture piatte , avvicinandosi anche per la tecnica alla nascente Pop Art, che, dall’altra parte dell’oceano, metteva in luce gli effetti negativi del consumismo.
Anche Warhol, negli stessi anni, diede vita a diverse serie ispirate alla morte, tra le quali ebbero grande spazio proprio gli incidenti automobilistici (ricordiamo ad esempio Orange Car Crash del 1963), seppur con tecniche differenti.

As part of the “Twenty” of memory exhibition, held in Forlì (Vernice Art Fair) , Ruffini has been one the artists from Romagna invited with a painting of 1964 from the “Car Crashes” series. It is, in fact, in the mid-sixties that Ruffini starts this new pictorial series approaching Pop Art in terms of themes and languages. Those were the years of the economic boom and mass industrialization. The metropolitan landscape were changing and the streets were filled with signs and cars. The landscape and peasant life were turned upside down and gradually abandoned to embrace “progess”. Ruffini painting crampled metal sheets and wounded bodies in large dimensions issued a warning against this senseless race towards the future. Where in the name of modernization man embarked on the maze of a frenetic world , where the imperatives of consumerism and standardization were in force. From the artistic language point of view in these works Ruffini uses bright colors and flat patterns, also approaching the nascent Pop Art for the technique, that, on the other side of the ocean, highlighted the negative effects of consumerism. Warhol too, in the same years, gave life to several series inspired by death, among which car crashes had great space (remember for example “Orange Car Crash” from 1963) albeit with different techniques .

Sono molto lieta di annunciare l’inizio della mia collaborazione con l’archivio di Giulio Ruffini (Bagnacavallo 1921 – Ravenna 2011), autore che dalla sua Romagna ha saputo raccontare l’evolversi della società e del nostro paese. Con un’attività produttiva instancabile ha abbracciato diversi stili, avvicinandosi alle più note correnti artistiche del novecento, pur mantenendo sempre saldo un proprio sguardo e una propria cifra pittorica.

La selezione qui proposta è dedicata agli anni ’80, con dipinti ed acquerelli dal sapore sognante e metafisico, che rimandano alle eleganti nature morte di De Pisis e ai manichini di Carrà. Il mare insieme alla campagna sono due elementi caratteristici dell’opera di Ruffini, che racconta con sguardo amorevole la sua terra, nello scorrere del tempo. L’abbandono progressivo della vita contadina visto qui con una prospettiva sognante legata al mare.

Dal punto di vista strettamente artistico ama utilizzare diversi mezzi pittorici, dall’olio all’acrilico, dall’acquerello al collage, a volte, sovrapposti con grande maestria tecnica.

Il lavoro di Ruffini è stato ampiamente omaggiato con mostre e rassegne in spazi pubblici nel 2021 (Rimini, Bologna..) in occasione del centenario della sua nascita. Al momento alcune sue opere sono esposte al Museo Civico delle Cappuccine a Bagnacavallo, nell’ambito della mostra “Il paesaggio. Sentieri battuti e nuove prospettive”. (per info www.museocivicobagnacavallo.it )

Biografia

Giulio Ruffini nasce il 18 luglio 1921 a Glorie di Bagnacavallo (RA), figlio unico di una bracciante agricola e di un operaio che scompare prematuramente. Il contesto provinciale nel quale cresce e lo stile di vita della madre, fatto di fatica massacrante nei campi e sacrificio casalingo, segneranno particolarmente Giulio, che nella sua attività artistica dedicherà ampio spazio al mondo rurale contadino. Frequenta le scuole tecniche, al termine delle quali inizia a lavorare, per lo più come elettricista al fianco di uno zio. Sin dai tempi della scuola dimostra un particolare talento per il disegno, che svilupperà a partire dal 1942, anno in cui Ruffini inizia a frequentare a Cotignola la Scuola di Arti e Mestieri di Luigi Varoli. Nel dopoguerra partecipa a diversi concorsi di pittura ottenendo riconoscimenti e apprezzamenti: vince il “Premio Diomira” a Milano (1951), si aggiudica il “Premio Suzzara” (1952) con l’opera”Pietà per il bracciante ucciso”, il cui tema sociale lo fa accreditare dalla critica nell’ambito del movimento realista, e ottiene il primo premio alla “Biennale Romagnola” a Imola (1953). Il 1954 è un anno cruciale per Ruffini: allestisce la prima mostra personale al Circolo di Cultura di Bologna e presenta alla XXVII Biennale di Venezia i tre oli”Vasi e cestino con foglie”,”Natura morta con pane” e”Due braccianti che riposano”. I successi artistici continuano nel 1955 con il premio alla “Mostra della Resistenza” di Ferrara e con gli inviti alla Quadriennale di Roma e alla mostra “60 artisti del prossimo trentennio” allestita a Prato da Carlo Ludovico Ragghianti.

Dal 1956 la frequentazione di Mattia Moreni, già conosciuto ai tempi della scuola di Varoli, porta Giulio Ruffini a sperimentare nuove forme e nuovi linguaggi; se fino a questa data la sua attività artistica si è concentrata su ritratti, nature morte e scene contadine dal sapore realista (tematica che continuerà a dipingere per tutta la vita, sia per l’intima familiarità del soggetto, sia per le richieste della committenza), dalla fine degli anni Cinquanta l’artista indaga forme di convergenza fra il linguaggio realista e le poetiche informali ed espressioniste. Questa ricerca troverà un felice esito nelle numerose ”Crocifissioni” che si susseguono negli anni Sessanta, in un crescendo di accenti dolorosi e drammatici.

Nel 1957 diventa insegnante di “Disegno e Figura” al Liceo Artistico di Ravenna, attività che proseguirà fino al 1982. A Ravenna Ruffini dipinge vedute urbane e scene di genere che raccontano lo stile di vita cittadino; dalla frequentazione della città nasce una riflessione sulla mutazione del paesaggio da rurale a metropolitano, sulla fine della civiltà contadina e di quell’etica del lavoro e della fatica ereditata della madre. La serie degli “Incidenti”, cui Ruffini si dedica per qualche anno a partire dal 1964, con i suoi grovigli di corpi e lamiere e con i suoi enigmatici cartelli stradali, vuole essere una metafora del pericoloso avanzare della modernità.

Negli anni Sessanta continuano le partecipazioni a manifestazioni nazionali: nel 1965 vince il premio cartone per mosaico “Omaggio a Dante”, mentre si aggiudica il secondo premio a Suzzara nel 1960 e nel 1967 con le opere “Natura morta povera” e “Uomo travolto” (olio su tela, 1965), come pure al “Premio Silvestro Lega” di Modigliana (FC) nel 1963, e al “Premio Campigna” di Santa Sofia (FC) nel 1967 e nel 1973. Nel 1968 viene pubblicata dalla Galleria d’Arte La Bottega di Ravenna l’importante monografia curata da Raffaele De Grada che rappresenta il primo organico tentativo di storicizzazione della sua opera.

Negli stessi anni le serie della ”Scomparsa della Romagna”, dei “Monumenti” dedicati alla madre, al contadino, al poeta contadino, delle “Rovine, delle “Archeologie” inaugurano una nuova fase di Giulio Ruffini, che dalla fine degli anni Sessanta si dedica a una ricerca intimistica introspettiva, dando vita a opere dalla forte connotazione simbolica e allegorica, in cui dato reale e ricordi convivono in atmosfere dal sapore surrealista. I protagonisti sono ancora una volta il mondo rurale e la cultura contadina, percepiti ormai da Ruffini come simboli di un mondo scomparso. Il tono malinconico di questi dipinti si trasforma in sarcasmo nei disegni e nelle incisioni, in cui Ruffini racconta satiricamente ed allegoricamente la realtà politica italiana.

Nei due decenni successivi Giulio Ruffini nella sua casa-studio di Mezzano è molto prolifico dal punto di vista artistico, tuttavia diventa più schivo ad apparire in pubblico. Tra le partecipazioni più rilevanti a partire dagli anni Settanta si ricordano la Biennale d’Arte “Città di Milano” (Palazzo della Permanente, 1971), la grande mostra “Tre artisti in Romagna: Piraccini, Ruffini, Sartelli” presentata da Francesco Arcangeli (Faenza, 1973), “Disegno e piccola scultura” (Milano, 1976), “Arte e mondo contadino” (Torino e Matera, 1980), la Biennale Nazionale di Grafica “A. Martini” (Oderzo, 1988), “Pittura in Romagna. Aspetti e figure del ‘900” (Cesena, 2001).

Da citare le mostre personali che gli vengono dedicate a Ferrara presso Palazzo dei Diamanti (1970), a Ravenna presso la Galleria La Bottega (1972), la Loggetta Lombardesca (1997) e la Biblioteca Classense (2007), a Forlì a Palazzo Albertini (2002), ad Alfonsine (2006) e a Lugo nel 2011, pochi mesi prima della sua scomparsa.

Giulio Ruffini muore a Ravenna il 1° settembre 2011, a 90 anni.